L’arcobaleno è forse la magia più affascinante che il cielo ci regala. Quando i raggi del sole alla giusta inclinazione incontrano delle goccioline di pioggia nasce una meraviglia che è impossibile non soffermarsi ad ammirare. Un arco di sette colori: rosso, arancio, giallo, verde, blu, indaco e violetto.
Come per ogni numero di magia sarebbe meglio godersi lo stupore e non cercare di svelarne il trucco; anche se una fredda e calcolata spiegazione scientifica c’è e dovremmo risalire agli studi di uno dei più famosi scienziati della storia: Isaac Newton.
Fu “grazie” ad un’epidemia che nacque la scienza dell’arcobaleno di Newton. Tra l’agosto 1665 e l’aprile 1667, quando Londra era invasa da una terribile peste, il giovane Newton, allora 23enne, si rifugiò in quarantena volontaria in campagna, nella tenuta di famiglia nel Lincolnshire, a Woolsthorpe.
Newton sfruttò quel periodo dedicandosi a tempo pieno allo studio e allo sviluppo di diverse teorie ed esperimenti che poi rivoluzioneranno la storia della scienza.
Ciò accadeva durante gli anni della peste del 1665 e 1666; infatti in quei giorni ero nel fiore degli anni quanto alle invenzioni, e mi occupavo di matematica e di filosofia più che in qualsiasi altro periodo successivo.
Fu proprio in un periodo di quarantena nel lontano Seicento che Isaac Newton intuì che la luce bianca che noi vediamo in realtà è composta da particelle di colori differenti e riuscì a dimostrarlo servendosi di un prisma triangolare: la luce bianca del sole, attraversandolo, veniva scomposta nei sette colori dello spettro formando un arcobaleno artificiale.
Inizialmente Isaac Newton individuò cinque gradazioni di colore (rosso, giallo, verde, blu e violetto) per poi aggiungere anche l’arancione e l’indaco, per analogia alle sette note musicali. Newton mise in diretta analogia i fenomeni acustici con quelli ottici e osservò una forte corrispondenza tra i sette colori dell’arcobaleno e le sette note della scala musicale. In una lettera del 1675 scriveva che:
L’opera principale di Newton sull’ottica dal titolo “Opticks” fu pubblicata a Londra nel 1704 e torna ancora sull’argomento. Newton notò che la geometria dello spettro visibile coincideva con la geometria metrica di una particolare successione di toni musicali, in modo tale che: «i colori rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, viola [sono] proporzionali alle differenze di lunghezza di un monocordo che suona i toni di un’ottava: sol, la, fa, sol, la, mi, fa, sol. [Cioè sono] proporzionali ai numeri 1, 8/9, 5/6, 3/4, 2/3, 3/5, 9/16, 1/2 che esprimono le lunghezze di un monocordo che suona le note di un’ottava». [Isaac Newton, “Opticks”, 1704, pp. 295, 305].
Newton, forse il più grande scienziato della storia, era convinto che in analogia con le note musicali i colori primari fossero sette (forse anche per il valore mistico che ha questo numero) e inserì l’indaco tra il Si e il Do, come disegnò in questa immagine:
I colori in un arcobaleno sfumano l’uno nell’altro, non sempre riusciamo a distinguerli bene tutti, così successivamente l’indaco è stato declassato a sfumatura di blu tanto che oggi sarebbe più preciso dire che i colori dell’arcobaleno sono sei. A voler essere pignoli nemmeno le note sono solo 7…
Si sono poi sviluppate tantissime teorie, diverse tra loro, che legano insieme note e colori per il loro significato simbolico, filosofico, psicofisico o armonico. Ma alle volte è meglio soffermarsi ad ammirare la magia.
Non troverai mai arcobaleni se guardi in basso. [Charlie Chaplin]
No Comments