Non si sa bene come mai alcune canzoni diventino dei classici, dei punti di riferimento o meglio degli standard. Siamo abituati a vivere l’effetto tormentone dai tempi del Festivalbar e poi con Sanremo o un Disco per l’Estate.
Cos’hanno questi brani di speciale rispetto ad altri che sembrano di pari valore ed efficacia? Questione di alchimia tra voce e strumenti? Una formula segreta nella costruzione delle canzoni? O semplice fortuna ed il classico “essere al posto giusto nel momento giusto”?
Alcuni brani diventano così popolari ed eseguiti da così tanti artisti che si fatica a trovare la prima incisione e, come con un filo di Arianna musicale, bisogna orientarsi nel labirinto alla ricerca della prima e originale esecuzione. Il titolo del brano “Louie Louie” potrebbe non dirvi niente. Se però provate a cercarlo su Youtube o Spotify e premere il play alla prima versione che trovate probabilmente un lampo di comprensione vi si accenderà negli occhi.
Si dice che di “Louie Louie” ne siano state registrate più di 1500 versioni diverse dagli artisti più disparati: da Bob Dylan ai Beach Boys, da David Bowie a Lou Reed, fino a versioni più “estreme” ad opera dei Led Zeppelin o dei Motorhead. Frank Zappa ne userà il giro di accordi per tutta la carriera come intermezzo dove parlare, interagire con il pubblico, portare scompiglio nel perbenismo della società americana. La lista è sterminata: si dice addirittura che una radio californiana ne abbia passato diverse versioni per 63 ore consecutive senza mai che se ne ripetesse una.
Qual è la storia di questo pezzo?
La versione attuale di “Louie Louie” rispecchia quasi le antiche storie tramandate oralmente, nelle quali ogni nuovo “narratore” aggiungeva un dettaglio personale, qualcosa che prima non c’era ma che sarà poi preso come “vero” dal “narratore” successivo. E così via per generazioni, portando la vicenda a trasformarsi nel corso degli anni, a crescere e in parte a perdere il proprio messaggio originale o a modificarlo a seconda delle epoche e delle culture.
L’autore è Richard Berry, ispirato, anche molto pesantemente, dal riff di un altro brano: “El loco Cha cha” di René Touzet.
Anche l’arrangiamento e il testo si rifanno ad una moda dell’epoca, debitrice allo stile “Calypso”, un genere musicale appartenente alla cultura afroamericana delle isole dei Caraibi. Uno stile denso di rancori sociali e politici di protesta da parte degli schiavi, i cosiddetti “calypsos” tanto che le autorità interverranno spesso censurando queste musiche.
La situazione cambierà con l’album di Harry Belafonte del 1956, chiamato appunto “Calypso”, contenente la hit famosissima “Banana Boat Song“. L’addolcimento delle tematiche di protesta porterà il disco a un successo mondiale e lancerà una vera e propria moda per l’esotismo caraibico.
Tematiche calypso erano già state utilizzata dalla vecchia volpe di Chuck Berry con “Havana Moon“, Richard Berry con “Louie Louie” semplicemente si inserisce nella scia di questa tendenza.
Il testo parla di un marinaio che è da tre giorni in viaggio su una nave in Giamaica e non vede l’ora di tornare a casa dalla sua Louie che lo sta aspettando. Nel 1957 “Louie Louie” di Richard Berry viene pubblicata come B-side, ennesima dimostrazione di come alcuni riempitivi spesso non sono quello che sembrano (“Paranoid” e “Smoke on the Water” insegnano) e avrà un buon successo tanto da essere ripubblicato come singolo. Le vendite di questa riedizione però saranno deludenti, convincendo, un paio d’anni dopo, l’autore a cederne i diritti all’etichetta Flip Records.
La storia di “Louie Louie” ovviamente non finisce qui. Il brano verrà ritrovato casualmente da Rockin’ Robin Roberts che ne 1960 la coverizzerà (con qualche lieve aggiunta al testo) ottenendo un discreto successo, soprattutto nella scena di Seattle.
Proprio questa cover sarà da ispirazione per la versione più famosa di “Louie Louie”, ad opera dei The Kingsmen, una band emergente di Portland, nell’Oregon. Il gruppo diede al pezzo una leggera spinta Rock’n’Roll eliminando l’arrangiamento Doo-Wop della “versione originale” e registrandola in maniera un po’ pasticciata. Sono presenti alcuni cambiamenti nel ritmo, anche un piccolo errore con un attacco sbagliato alla fine dell’assolo di chitarra, mentre la voce cantilenante del leader della band, Jack Ely, forse per abuso di stupefacenti o comunque per motivi non ancora chiariti, rende praticamente incomprensibile il testo.
Nonostante il testo non presentasse alcun contenuto osceno, la pronuncia biascicata dei Kingsmen porterà gli ascoltatori a chiedersi quali fossero le vere parole del testo, gli adolescenti scrivevano e facevano girare tra amici quello che secondo loro era il vero significato del brano. Ovviamente questo mistero porterà le autorità americane all’intervento per censurare il brano. L’FBI istituì addirittura un’indagine e, nonostante i 31 mesi di ricerche e investigazioni, tutto si concluse con la motivazione che non erano stati capaci di interpretare nessuna delle parole del testo.
Inizialmente la versione dei Kingsmen non ottenne un grande successo. Le cose cambiarono quando fu scelta come “peggior incisione della settimana” in un programma radiofonico di Boston. Una sorta di “effetto trash” in versione anni ’60. Il brano ebbe un successo inaspettato tanto da sbaragliare il competitor, Paul Revere & the Raiders, che aveva proposto la propria versione di “Louie Louie” nello stesso periodo con addirittura una promozione maggiore.
Da allora il brano non si è più fermato e l’11 aprile, il compleanno di Richard Berry, viene celebrato come l’International Louie Louie Day.
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