Ci sono pagine di musica che sono sopravvissute nei secoli, considerate dei “classici”; capolavori senza tempo diventati modelli di perfezione, suonati e risuonati nelle sale da concerto ancora oggi.
Probabilmente anche per alcune musiche del Novecento accadrà la stessa sorte e qualcosa di simile sta succedendo con alcuni brani già oggi considerati dei classici (di questo ne ho parlato qui: La nascita del repertorio dalle orchestre di musica classica alle cover band). Ma come mai alcune musiche sopravvivono, anche in epoche lontane e diverse da quelle nelle quali sono state composte, mentre altre vengono dimenticate?
La risposta secondo molti studiosi va rintracciata nel particolare rapporto che si instaura tra musica e pubblico. È uno dei processi che più interessano gli studiosi di Sociologia della Musica secondo cui il pubblico non va considerato solamente come un accidentale insieme di individui, «ma come un raggruppamento integrato della società globale e nei diversi gruppi, strati e classi, nella misura in cui esprime queste realtà ed in qualche modo le rappresenta».
Ogni genere musicale è sempre, inevitabilmente, in rapporto con un certo tipo di pubblico a cui si rivolge. E il pubblico, in quanto organo di ricezione, consente di misurare l’azione del compositore e rappresenta una sorta di registratore sul quale si scrive la storia della musica.
Come ricorda Marcello Sorce Keller, importante sociologo della musica, Gaston Rageot (1872-1940) sosteneva che l’opera d’arte è un fatto storico da studiare non solo nel momento della sua apparizione in un dato tempo e luogo, ma durante il suo viaggio nello spazio e nel tempo, nei momenti che lo seguono.
Il successo attesta che un’opera prodotta da una particolare persona è stata accolta da una collettività.
Gaston Rageot
È la comunità, il pubblico, a determinare cosa può sopravvivere. Si innesca un inevitabile processo di selezione con cui nel tempo viene a compiersi il destino di un’opera musicale che è dovuto non solo a fattori artistici, ma in misura più o meno rilevante anche a fattori sociali.
«Se un’opera permane o resuscita attraverso i secoli, è perché è investita di una costante che si mantiene in un rapporto identico con un’altra costante, di natura sociologica, invariabile attraverso i secoli o almeno toccata da un coefficiente di cambiamento infinitesimale». [A. Machabey “Traité de la critique musicale” Paris, 1947. p. 45]. Oppure una seconda ipotesi: «La musica conterrebbe in potenza vari focolai d’attrazione i quali si attiverebbero uno dopo l’altro, seguendo un cammino del tempo, ma dispiegando tutti lo stesso potenziale, dal momento che sembra apprezzata nella stessa misura in tempi e ambienti diversi». [sempre Machabey 45-46]
Il ruolo sociale attivo del pubblico nella storia della musica non dovrebbe comunque mettere in ombra il ruolo della stessa arte musicale sulle trasformazioni estetiche e psicologiche del pubblico nel rapporto con le opere. Ad esempio Sorce Keller ricorda come la lunghezza delle sinfonie di Beethoven rappresentò un ostacolo per il pubblico dell’epoca, ma la Nona (l’ultima e la più lunga) non incontro questa difficoltà: il pubblico si era ormai abituato alla lunghezza.
Ci sono anche casi in cui il pubblico non ha attribuito quasi nessuna importanza ad opere destinate ad un futuro lungo successo. Questo ad esempio è successo con uno dei pilastri della storia della musica, Johann Sebastian Bach, le cui opere sono state dimenticate per quasi due generazioni e poi riscoperte nei primi anni dell’Ottocento grazie all’interesse di importanti opinion makers.
Grazie al musicologo tedesco Johann Nikolaus Forkel, autore della prima biografia di Bach, ebbe inizio la cosiddetta “Rinascita Bachiana” a cui seguì nel 1829 l’esecuzione della “Passione secondo Matteo” a cura del compositore e direttore Felix Mendelssohn-Bartholdy che fu accolta con grande successo. Nel 1850 nacque anche la “Società Bachiana” creata da importanti compositori dell’epoca, tra cui Robert Schumann, con il compito non solo di favorire l’esecuzione delle sue musiche, ma anche di pubblicarne l’intera opera. E Bach non fu mai più dimenticato.
E come mai invece altre musiche non hanno questa fortuna e vengono dimenticate?
Marcello Sorce Keller individua alcune possibili risposte di carattere generale che possono adattarsi a tutte le epoche e ai diversi generi musicali:
- appartenere ad una tradizione musicale minoritaria o un genere poco importante
- nel caso della presenza di un testo, l’utilizzo di una lingua poco conosciuta
- l’uso di uno stile d’avanguardia in periodi storici in cui l’innovazione è scarsamente considerata
- la mancanza di opinion makers
Come ha osservato la sociologa contemporanea Vera Zolberg: «da un punto di vista sociologico, l’opera d’arte altro non è che un momento in quel processo a cui partecipano più attori, operanti attraverso istituzioni sociali e seguendo tendenze storicamente osservabili».
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